Pio La Torre

24.06.2019

Tra le molte vittime di mafia, dobbiamo ricordare Pio La Torre, politico italiano, esponente di spicco del PCI siciliano.

È da ricordare per la legge da lui stesso studiata e pubblicata che denuncia l'associazione di stampo mafioso (legge Rognoni- La Torre). La legge enuncia il seguente testo:

"l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva nel commettere delitti, per acquisire in modo diretto e indiretto la gestione o comunque il controllo di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé, o per altri ovvero al fine di impedire o di ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri, in occasione di consultazioni elettorali".

La Torre nacque il 14 dicembre 1927 nella borgata Altarello di Baida, da padre palermitano e madre lucana.

Da subito si batté per la lotta contro i braccianti e contro il caporalato - dapprima nella ConferderTerra, e poi nella CGIL e nel PCI siciliano-, a tal punto che, nel 1950, finì preventivamente in carcere per 18 mesi, causa una manifestazione contadina nel paese di Bisacquino (PA).

Nel 1949 dalla moglie Giuseppina Zacco, gli nacquero due bambini: Filippo e Franco (quest'ultimo è ancora oggi coinvolto in varie lotte contro la mafia e scrive articoli per il giornalista Attilio Bolzoni).

CARRIERA POLITICA:

Nel 1952 si candidò al consiglio comunale di Palermo e venne eletto.

Le sue cariche diventarono via via più importanti: nel 1959 fu eletto alla segreteria del CGIL regionale e nel 1962 entrò nel comitato centrale del PCI. Diverse furono le rielezioni nel PCI: dapprima nel 1963, e poi nel 1967 fino al 1971.

Le sue doti politiche erano molto alte, proprio per questo Enrico Berlinguer lo fece entrare in segreteria nazionale a Roma. Nel 1972 iniziò la sua carica in parlamento, nel collegio della Sicilia Occidentale; da subito si occupò di mafia e iniziò il suo disegno di legge che solo dieci anni dopo prese il nome di Legge Rognoni- La Torre. 

Nel 1976, poi, prese parte alla commissione Parlamentare Antimafia; lui stesso fu tra i redattori della relazione di minoranza della commissione Antimafia, che accusava diversi uomini politici (i più celebri Vito Ciancimino e Salvo Lima) di rapporti con le cosche mafiose.

E' agli inizi degli anni 80 che iniziò la sua più importante battaglia: contro la costruzione della base NATO a Comiso. Secondo La Torre, la base avrebbe comportato rischi e minacce per la pace nel Mediterraneo e in Sicilia, per questo raccolse un milione di firme in calce ad una petizione al Governo. Ma la motivazione non era solo di natura politico-militare; infatti, lottando contro la costruzione della base, La Torre lottava anche contro la speculazione edilizia (lotta che venne ripresa in quegli anni anche da Piersanti Mattarella, ucciso anche lui nel 1980). 

Il 14 gennaio 1982, in un congresso regionale del PCI, disse:

"Occorre respingere questa prospettiva, chiamando il popolo siciliano nella lotta per dire no a un destino che, prima ancora di farla diventare bersaglio della ritorsione atomica, trasformerebbe la nostra isola in terreno di manovra di spine, terroristi e provocatori di ogni risma al soldo dei Servizi Segreti dei blocchi contrapposti. Ne trarrebbero nuovo alimento il sistema di potere mafioso e i processi degenerativi delle istituzioni autonomistiche, mentre la Sicilia sarebbe condannata alla degradazione economica e sociale".

L'OMICIDIO:

30 aprile 1982. Ore 9:20. La Torre si trovava su di una Fiat 131, guidata dal suo autista, per andare alla sede del partito. Mentre stavano attraversando una via a senso unico, la macchina di La Torre venne bloccata da una moto, sbucata da una via laterale. Subito gli uomini sulla moto iniziarono a sparare. Pio La Torre morì sul colpo; Rosario Di Salvo, l'autista non che l'unico uomo della scorta, estrasse la pistola, sparò qualche colpo e poi morì anch'egli.

L'omicidio, dapprima catalogato come opera dei gruppi proletari organizzati, fu in seguito catalogato come omicidio di mafia. Grazie alle dichiarazioni di Tommaso Buscetta, Pino Marchese, Gaspare Mutolo e Francesco Marino Mannoia si è potuto arrivare a condannare i vari responsabili: nel 1995 furono condannati per l'omicidio Riina, Greco, Bernardo Brusca, Provenzano, Calò, Madonia e Nenè Geraci all'ergastolo come mandanti; come esecutori furono condannati Giuseppe Lucchese, Nino Madonia, Salvatore Cucuzza e Giuseppe Greco. 

All'epoca dell'omicidio Enrico Berlinguer disse, riferito a questa atroce morte:

"La Torre non era un uomo da limitarsi ai discorsi e alle analisi, era un uomo che faceva sul serio, per questo lo hanno ucciso".

ARTICOLI E ULTERIORI FATTI

Il giornalista Francesco Viviano scrisse su Repubblica il 28 dicembre 1990:

"I delitti politici, gli omicidi del segretario provinciale della DC Michele Reina, del presidente della Regione Piersanti Mattarella e quello del segretario regionale del Pci, Pio La Torre, sono da inquadrare in un'unica strategia mafiosa. Questi delitti eccellenti sarebbero stati progettati dagli esponenti di primo piano di Cosa nostra, dai vertici che componevano la cupola, l'organismo decisionale della piovra".

Nel maxi-processo, vi fu una vera e propria sezione compresa nelle pagine dell'istruttoria chiamata "delitti politici", in cui furono catalogati, come disse lo stesso Viviano, vari omicidi mafiosi contro uomini politici in un'unica strategia, intenta ad ammazzare tutti coloro che in qualche modo si misero in campo per combattere la mafia a livello politico.

Riguardo alle dichiarazioni dei pentiti scrisse, sempre Viviano:

"Riferendosi all'uccisione del segretario regionale del Pci Pio La Torre, assassinato il 30 aprile del 1982 insieme al suo autista Rosario Di Salvo, Mannoia ha dichiarato che l'intenso ed assiduo impegno profuso dall'onorevole Pio La Torre nella lotta contro la mafia non era naturalmente visto di buon occhio dal gruppo egemone di Cosa nostra".

Sul motivo dell'assassinio, aggiunse, Viviano, il 13 aprile 1995: 

"Pio La Torre venne assassinato per il suo impegno contro la mafia, perché aveva proposto il disegno di legge per la confisca dei patrimoni dei boss".

Saverio Lodato scrisse su Antimafia 2000, ricordando La Torre:

"Uccidere Pio La Torre e Rosario Di Salvo, dei quali, quest'anno, ricorre il trentesimo anniversario del sacrificio, militarmente parlando, fu un gioco da ragazzi. A due passi dalla sede del PCI siciliano, in una strada che è un budello, intrappolati nella loro auto, accerchiati da killer a bordo di una motocicletta e un'auto, e armati sino ai denti, le due vittime designate non ebbero neanche per un attimo una vera chance di sopravvivenza.

Queste modalità del delitto, che denotano assoluta certezza da parte dei carnefici circa l'esito della missione di morte, sono la prima stranezza che balza agli occhi e dovrebbe far riflettere. La Torre e Di Salvo infatti non furono uccisi a freddo, in un'imboscata non preventivata, meno che mai furono colti di sorpresa". 

Aggiunse poi:

"La Torre era convinto che gli alleati nel '43 non si erano limitati ad attraversare la Sicilia per ragioni esclusivamente geografico strategiche. Si erano lasciati qualcosa di stabile dietro le spalle. Strutture di intelligence - chiamiamole così - che in Sicilia, negli anni, avevano proliferato e messo radici.

Questo era il gran sospetto di La Torre che forse era sul punto di venirne a capo. Se così fosse, si spiegherebbe perché il Pci siciliano, di fronte alla sua morte, apparve come un giunco piegato da fortissimi venti internazionali, finendo così con lo scontare la sua totale inadeguatezza. Come d'altronde si spiegherebbe la distrazione colpevole delle forze dell'ordine.

In questo contesto, l'unico lusso che La Torre e Di Salvo poterono concedersi, fu quella che abbiamo definito una forma di "autodifesa fai da te"."

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