Antonino Lorusso

27.07.2019

Tra le molte vittime di mafia, dobbiamo ricordare Antonino Lo Russo, autista di Pietro Scaglione.

LA VITA: 

Antonio Lorusso nacque a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, il 22 agosto 1929. 

Antonio Lorusso si arruolò nel Corpo degli Agenti di Custodia il 29 marzo 1957, dopo aver concluso l'esperienza di sottufficiale nel Reggimento Granatieri di Sardegna.

Frequentato il corso di addestramento, venne assegnato alle Carceri Giudiziarie "Ucciardone" di Palermo, per essere impiegato in qualità di autista presso gli Uffici Giudiziari del capoluogo. 

Si sposò con Maria Dora e divenne padre di Felice e Salvatore di  otto e due anni

La professionalità con cui svolse il delicato incaricato trova conferma nelle parole del Procuratore Pietro Scaglione, che in una nota indirizzata all'Ispettore Generale Reggente della direzione delle carceri Giudiziarie di Palermo, così si esprimeva:

"(...) significo che l'agente Lorusso Antonio espleta le mansioni commessegli dando quotidianamente prova di spiccate capacità, di moltissima operosità e di irreprensibile condotta. Dotato di proprio intuito, disciplinato e riguardoso, si distingue per encomiabile attaccamento al dovere, e per lo zelo e la precisione con cui disimpegna i vari incarichi affidatigli. Per tali doti si è meritato la stima e la considerazione generale. Esprimo, pertanto, parere favorevole per l'attribuzione al Lorusso della massima qualifica per l'anno 1964".

L'AGGUATO:

Palermo. Era la mattina del 5 maggio 1971. Il Procuratore Scaglione, come ogni giorno, si recò al cimitero dei Cappuccini, per far visita alla tomba di Concetta, la moglie scomparsa da qualche anno. Con lui doveva esserci anche il figlio Antonio, 32 anni, assistente di Diritto penale, ma all'università c'era una sessione d'esame e il giovane professore dovette essere presente.

Doveva essere uno degli ultimi giorni in Sicilia per Scaglione, destinato a ricoprire le funzioni di Procuratore Generale a Lecce.

Fuori lo aspettava l'autovettura di servizio guidata dall'Appuntato Antonio Lorusso, che lo avrebbe poi accompagnato presso il Palazzo di Giustizia.

Poco dopo una Fiat 850 bianca affiancò l'auto scura e la strinse verso il muro. Dalla Fiat balzarono fuori i sicari s e cominciarono a sparare. Erano due o tre, a giudicare dai bossoli trovati disseminati sul luogo del delitto. Poi il silenzio.

Erano le 10.55. Alla Questura di Palermo giunse una telefonata che segnalava un'autovettura ferma in via Cipressi, una viuzza stretta da cui si dipartono i vicoli di un quartiere popolare.

Gli agenti della Squadra mobile, guidati dai commissari Boris Giuliano e Bruno Contrada, accorsero sul luogo cinque minuti dopo, riconoscendo subito gli occupanti della Fiat 1300.

Riversi sul sedile anteriore e su quello posteriore, due uomini insanguinati, identificati con il Procuratore Capo di Palermo Pietro Scaglione e l'Appuntato Antonio Lorusso. Entrambi vennero trasportati all'ospedale civico dove giunsero senza vita, colpiti in regioni vitali da numerosi proiettili calibro 9 e 38 special.

LE INDAGINI:

Quello di Scaglione è stato il primo omicidio eccellente, il primo delitto di un uomo delle istituzioni da parte di Cosa Nostra, il primo magistrato ad essere assassinato. È stato il salto di qualità nella offensiva della mafia contro lo Stato. Il delitto inaugurò la stagione stragista di Cosa nostra che si protrasse fino alle stragi di Capaci e via d'Amelio.

L'uccisione del Procuratore Scaglione - come scrisse Giovanni Falcone - ebbe sicuramente lo

"scopo di dimostrare a tutti che Cosa nostra non soltanto non era stata intimidita dalla repressione giudiziaria, ma che era sempre pronta a colpire chiunque ostacolasse il suo cammino". Paolo Borsellino fu ancora più netto, lo inserì nell'elenco degli uomini "isolati, uccisi, persino calunniati". Dichiarò lo stesso Borsellino al quotidiano La Sicilia:

"[...] le cosche sapevano che erano isolati, che dietro di loro non c'era lo Stato e che la loro morte avrebbe ritardato le scoperte".

Ma chi ha ucciso il Procuratore e Lo Russo?

Bisognerà attendere il 1984 e le rivelazioni di Tommaso Buscetta al giudice Giovanni Falcone:

«Scaglione era un magistrato integerrimo e spietato persecutore della mafia».

Il magistrato era intervenuto nella vicenda che riguardava Serafino Battaglia, parte lesa in un complesso caso di omicidio. L' intervento di Scaglione, secondo il boss Luciano Leggio, aveva favorito il gruppo rivale dei Riina, amici di Badalamenti. Il suo omicidio sarebbe stato quindi organizzato ed eseguito da Liggio e dal suo vice Salvatore Riina , con l'approvazione del loro associato Pippo Calò.

Nel 1987 il collaboratore Antonino Calderone collegarono il delitto con la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro e con il Golpe Borghese, dichiarando che l'omicidio di Scaglione andava inquadrato in un contesto di azioni eversive messe in atto dai mafiosi in seguito al fallito golpe.

L'omicidio Scaglione fu ricondotto anche alla Strategia della tensione, sulla base dello scottante dossier del vicequestore Peri sulla strage di Montagna Longa avvenuta il 5 maggio del 1972.

La pista mafiosa, invece, fu privilegiata dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi nel 1992. Nello stesso anno, durante un'audizione della Commissione Parlamentare Antimafia, Buscetta dichiarò che

«Luciano Liggio stabilì di sua volontà di creare un clima di tensione nell'ambiente politico per preparare il colpo di Stato (il Golpe Borghese).

Ognuno prese le sue mosse su quale fosse il politico da colpire [...] L'obiettivo di Luciano Liggio fu il procuratore Scaglione».

Mandanti ed esecutori dell'omicidio non furono mai condannati.

Scaglione fu riconosciuto "magistrato caduto vittima del dovere e della mafia".

L'Appuntato Lorusso fu dichiarato dal Ministero dell'Interno "Vittima del Dovere" ai sensi della Legge 101/1968. Alla sua memoria è intitolata la casa circondariale di Palermo Pagliarelli.

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