Pippo Fava

25.06.2019

Tra le tante vittime di mafia, dobbiamo ricordare Giuseppe Fava, giornalista ed intellettuale Italiano.

Giuseppe - chiamato Pippo dagli amici - nacque a Palazzolo Acreide (SI) nel settembre del 1925 da un'umile famiglia.

Laureatosi in giurisprudenza, divenne giornalista, collaborando con diverse riviste e trattando argomenti anche molto diversi tra di loro.

Nel 1956 viene assunto da Espresso Sera, diventando capo redattore. Su questa rivista si occupò un po' di tutto, ma i suoi più importanti scritti sono una serie di interviste ad alcuni capi di Cosa Nostra.

Nello stesso periodo, si appassionò al teatro, scrivendo anche molte sceneggiature [premi qui per l'elenco completo delle opere]. Alcune di queste vinsero, poi, vari premi e finirono pure sul piccolo schermo.

Lasciato Espresso Sera e trasferitosi a Roma, condusse Voi ed io, trasmissione radiofonica di RadioRai.

Nella primavera del 1980, divenne direttore del Giornale del Sud. La redazione era formata da giovani con poca - quando non alcuna - esperienza nel settore. Il giornale, stupendo tutti, divenne un vero giornale di informazione, coraggioso e, al tempo stesso, veritiero. Nel numero dell'11 ottobre del '81, chiarì la linea morale seguita dal suo giornale [premi qui per leggere l'articolo completo]:

In questo periodo riuscì, quindi, ad ottenere vari risultati nella denuncia della mafia, attiva a Siracusa specie nello spaccio di droga.

Per un anno il giornale proseguì a vele spiegate. Però, poi, la direzione Fava iniziò a declinare, principalmente per tre motivi.

1. L'avversione - molto motivata - contro la creazione di una base missilistica a Comiso, la quale venne però, poi, costruita;

2. La sua presa di posizione riguardo all'arresto del boss Alfio Ferlito;

3. I nuovi finanziatori del giornale, legati al boss Santapaola.

Nello stesso periodo la sede del giornale ricevette anche un "piccolo" attentato: 1 kg di tritolo, che però non ferì nessuno.

Ancora, poco dopo, la prima pagina del giornale, che denunciava alcune delle attività di Alfio Ferlito - mafioso -, venne censurata.

Infine, Fava venne licenziato. Alcuni dei giovani giornalisti occuparono, per una settimana, la sede del giornale, ma non ottennero alcun risultato.

Rimasto disoccupato, ma ancora volenteroso di parlare di mafia, creò la cooperativa Radar - anche con alcuni dei giovani giornalisti del Giornale del Sud - per poter finanziare un nuovo progetto editoriale: I Siciliani. Il primo numero uscì nel novembre del 1982.

La rivista, a cadenza mensile, è considerabile la prima contro la mafia - se si esclude L'Idea di Impastato, durata troppo poco -.

Le inchieste divennero un caso politico, oltre che giornalistico. Fava e tutta la redazione riuscì - primi fra tutti - a parlare di mafia senza luoghi comuni, a spiegare come ottenesse tanto denaro, a chiarire come facesse ad essere così "intoccabile" proteggendosi con presta-nomi ed usando lo stato come Scudo. Ma - molto più importante - Fava ipotizzò - primo in tutta Italia - un collegamento fra alcune banche private, mafia e stato - una prima bozza di quello che sarebbe poi divenuto tristemente famoso come Trattativa Stato-Mafia -.

Fra i molti articoli firmati Fava, il più importante - non che quello che fece più scalpore - fu intitolato I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa [premi qui per leggere l'articolo completo], nel quale si denunciavano quattro imprenditori di Carania poco puliti.

L'anno successivo, uno di questi quattro "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" cercò, più e più volte, di comprare il mensile; tuttavia non ottenne nessun risultato, infatti la testata giornalistica rimase indipendente, andando avanti nel denunciare Cosa nostra oltre che politici, imprenditori e questori .

A dicembre 1983, sette giorni prima di essere barbaramente ucciso, Fava rilasciò la sua ultima intervista a Enzo Biagi:

" [...] c'è un'enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, [...] i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Non si può definire mafioso il piccolo delinquente [...]. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante [...]".

Il 5 gennaio del 1984, Pippo Fava uscì dalla redazione de I Siciliani assieme ad il collega Michele Gambino, con il quale si stava occupando di una delicata inchiesta sui rapporti mafia-banche. Salì in macchina. Partì. Stava andando a prendere la nipote. Arrivato, alle ore 21:30 circa, di fronte al teatro di Catania - dove la piccola recitava -, ancora prima di uscire dalla sua Renault 5, venne ucciso da cinque colpi di pistola sparati alla nuca.

Subito, si disse che Fava fosse stato ammazzato per ragioni passionali - visto che si diceva fosse un femminaro - o per ragioni economiche - visto che le casse de I Siciliani non erano in buon stato -.

Tutte le istituzioni - eccezion fatta per poche - diedero retta a queste ipotesi e non organizzarono nemmeno cerimonie pubbliche. Al funerale parteciparono quasi esclusivamente giovani ed operai. Tutte le maggiori cariche pubbliche disertarono, tanto che il sindaco arrivò a pronunziare:

"Catania è una città che non ha la mafia. La mafia è a Palermo."

Per di più si fecero molte pressioni per chiudere in fretta il caso, dicendo che

"altrimenti i cavalieri potrebbero decidere di trasferire le loro fabbriche al nord".

Grazie al pentito Maurizio Avola - che si autoaccusò del delitto -, la Corte di Cassazione, nel 2003, ha condannato - in definitiva - i mafiosi Santapaola ed Ercolano. Avola dichiarò che il delitto venne motivato da Santapaola dicendo:

"Dobbiamo farlo non tanto o non soltanto per noi. Lo dobbiamo ai cavalieri del lavoro perché se questo continua a parlare come parla e a scrivere come scrive, per i cavalieri è tutto finito. Per loro e per noi."

Il pentito Avola, per di più, dichiarò che l'omicidio venne commesso anche su richiesta di alcuni imprenditori e di Luciano Liggio; tuttavia nessuno di questi è stato condannato.

Le due frasi più belle di Pippo Fava sono:

"Qualche volta mi devi spiegare chi ce lo fa fare, perdìo! Tanto, lo sai come finisce una volta o l'altra: mezzo milione a un ragazzotto qualunque e quello ti aspetta sotto casa"

e

"A che serve vivere, se non c'è il coraggio di lottare?".

Info

- ANCHE SU

(premi sul nome del media)


Instagram
Facebook
YouTube
Medium

- SCRIVICI

infodemafia@gmail.com

______________________

Vuoi aiutarci? Abbiamo bisogno di gente come te: motivata e capace! 

Scrivici cosa sai fare!


N.B.: LA MAPPA QUI DI SEGUITO NON HA ALCUNA VALENZA. NON INDICA L'UBICAZIONE DI DE_MAFIA1868.

Creato con Webnode Cookies
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia