Pietro Scaglione

21.05.2019

Tra le tante vittime di mafia dobbiamo ricordare Pietro Scaglione, magistrato Italiano.

Nato il 2 marzo 1906 a Palermo, entrò a soli 22 anni in magistratura, indagando fin da subito sulla mafia. Nelle sue mani passarono tutti i documenti più importanti, tra cui quelli di Salvatore Giuliano e di Luciano Liggio.

Nel 1962 Scaglione divenne capo procuratore di Palermo ed indagò su alcuni politici nazionali e locali, convinto - ormai da tempo - che la mafia avesse origini politiche e che i mafiosi fossero da scovare nelle pubbliche amministrazioni.

Si occupò anche della strage di Ciaculli (un attentato fatto con un'autobomba in cui persero la vita sette uomini dello Stato e che segnò la fine della prima guerra di mafia).

Scaglione fu anche dedito al volontariato, divenendo persino Presidente del Consiglio di Patronato per l'assistenza alle famiglie di carcerati ed ex detenuti.

A Palermo, il 5 maggio 1971 alle 10:55 di mattina, Scaglione mentre, dopo esser andato a trovare sua moglie Concetta al cimitero, percorreva via dei Cipressi su di una Fiat 1500 guidata dall'agente di custodia Antonino Lo Russo,venne affiancato da un'automobile da cui uscirono tre persone che uccisero il Magistrato e l'uomo della scorta. Il suo omicidio suscitò tanto scalpore che il giorno dopo, in un editoriale del "Corriere della Sera" firmato da Alberto Sensini, venne scritto che: 

"Il caso Scaglione segna un confine che non può essere oltrepassato, un punto di non ritorno".

Giorgio Pisanò, deputato del Movimento Sociale Italiano, dopo la sua morte assertì che Scaglione, con il presidente del tribunale Nicola La Ferlita, avesse favorito la fuga del boss mafioso Luciano Leggio.

Nel 1971 con decreto del Ministero della giustizia ed approvazione del CSM fu riconosciuto magistrato caduto vittima del dovere e della mafia.

Buscetta ed Antonino Calderone dichiararono che l'omicidio di Scaglione era stato eseguito ed organizzato da Leggio e da Riina (con il consenso del loro alleato Pippo Calò), in seguito al fallito golpe borghese. Buscetta, in particolare, ribadì che: 

"Luciano Liggio stabilì di sua volontà di creare un clima di tensione nell'ambiente politico per preparare il colpo di Stato (il Golpe Borghese ndr). Ognuno prese le sue mosse su quale fosse il politico da colpire. L'obiettivo di Luciano Liggio fu il procuratore Scaglione".

Falcone scrisse che questo omicidio ebbe

"lo scopo di dimostrare a tutti che Cosa nostra non soltanto non era stata intimidita dalla repressione giudiziaria, ma che era sempre pronta a colpire chiunque ostacolasse il suo cammino".

Mario Francese, da parte sua, scrisse che:

"Scaglione fu convinto assertore che la mafia aveva origini politiche e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni. E' il tempo del cosiddetto braccio di ferro tra l'alto magistrato e i politici, il tempo in cui la linea Scaglione portò ad una serie di procedimenti per peculato o per interesse privato in atti di ufficio nei confronti di amministratori comunali e di enti pubblici".

Pure Borsellino, volle dire la sua, affermando, sul quotidiano "La Sicilia", che

"la mafia condusse una campagna di eliminazione sistematica degli investigatori che intuirono qualcosa. Le cosche sapevano che erano isolati, che dietro di loro non c'era lo Stato e che la loro morte avrebbe ritardato le scoperte. Accadde così per Scaglione".  

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